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Nessun Bolivar arabo: mentre la regione implode, il socialismo arabo si affievolisce

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Nessun Bolivar arabo: mentre la regione implode, il socialismo arabo si affievolisce

Di Ramzy Baroud

30 aprile  2015

Un gruppo di studenti mi ha chiesto di parlare  del socialismo nel mondo arabo, ipotizzando che ci sia un movimento di questo genere che sia  in grado di risanare regimi intrinsecamente incompetenti e completamente corrotti, in tutta la regione.

Mi ricordo di una conferenza che ho tenuto a Londra subito dopo che Hamas era stata messa sotto assedio a Gaza, nel 2007. ‘Hamas è il movimento socialista più grande e più efficace che esista in Palestina,” ho detto con grande sorpresa di alcuni e cenni di assenso di altri. Naturalmente, non mi riferivo alla adesione di Hamas alla teoria marxista, ma al fatto che era l’unico movimento politico a base popolare operativo che era riuscito, in qualche modo, a ridurre lo spazio esistente tra le varie classi sociali ed economiche , tutte unite da un’agenda politica estremista.

Inoltre era un movimento in gran parte formato dada fellahin (contadini) e da lavoratori palestinesi che erano per lo più concentrati nei campi profughi. Paragonato ai movimenti palestinesi ‘socialisti’,  elitari, in gran parte con base nelle città, la massa di islamisti nei territori occupati è un movimento così socialista quanto è possibile che ci sia in queste circostanze.

Ma che cosa dico al gruppo di studenti composto di giovani socialisti entusiasti  che sono bramosi di vedere l’ascesa del proletariato?

Un punto di partenza sarebbe dire che c’è una differenza tra il socialismo occidentale e il ‘socialismo arabo’, un riferimento coniato dai nazionalisti arabi all’inizio degli anni ’50, quando una fusione tra movimento nazionalista e movimento socialista ha cominciato a prendere piede,  causando alla fine  la formazione dei partiti Ba’ath della Siria e dell’Iraq. L’idea è stata originalmente  strutturata da Salah al-Din al-Bitar e da Michel Aflaq, fondatori del Partito Ba’ath.

Il socialismo nelle sue forme occidentali sembrava  non attraente   a molti nazionalisti arabi. Non soltanto era intellettualmente lontano dai contesti socio-economici dei popoli arabi, ma anche politicamente  poco promettente   se non    addirittura del tutto sciovinista. Molti socialisti occidentali hanno reso romantica  la creazione e il significato di Israele, un impianto coloniale che ha unito le forze coloniali e neo-coloniali contro le aspirazioni arabe per molti decenni.

Il nazionalismo arabo è fallito anche perché non ha offerto un’alternativa  convincente  e non ha praticamente perorato   un serio cambiamento di paradigma. A parte alcune riforme terriere in Egitto dopo la rivolta contro il re nel 1952, oltre ad altre azioni,  il socialismo arabo non è uscito dai confini di ideali che avevano un buon suono, né da influenze esterne che hanno fatto a gara  per controllare, influenzare o distruggere quei movimenti.

In seguito, quel fallimento è diventato ancora più pronunciato,  dato che l’influenza dell’Unione Sovietica ha cominciato a declinare  alla fine degli anni ’80, fino al suo crollo completo all’inizio degli anni ’90. I socialisti arabi – sia i governi che adottarono quello slogan, o le organizzazioni che  ruotavano  intorno ai piani di azione sovietici, dipendevano troppo da quel rapporto. Con l’assenza dei Sovietici dalla scena, avevano poche opportunità di sopravvivere al dominio crescente degli Stati Uniti.

Tuttavia, quel fallimento non era soltanto il risultato dei modelli geopolitici regionali del blocco socialista in frantumi, è avvenuto anche perché i paesi del Medio Oriente

(anche sotto l’influenza o a causa della pressione operata dagli egemoni occidentali) stavano sperimentando un ripensamento. Quello è stato il periodo della nascita dell’alternativa islamica che era in parte un tentativo genuino di stimolare le risorse intellettuali della regione, e che in parte veniva indirizzata dai fondi provenienti dai ricchi paesi del Golfo Arabico, per regolamentare l’aumento dell’ondata islamica.

Quello è stato il periodo in cui lo slogan: ‘L’Islam è la soluzione’ è diventato abbastanza dominante. Il nuovo slogan  ha attraversato  la psiche collettiva di vari gruppi intellettuali arabo-musulmani in tutto il  Medio Oriente e oltre, specificamente perché sembrava essere un tentativo  di attingere  ai  riferimenti storici e culturali della regione.

La discussione generale era: sia i modelli occidentali-statunitensi che quelli sovietici sono falliti o stanno fallendo insieme ai loro regimi clienti, e c’è urgente necessità di un’alternativa.

Tuttavia, il socialismo arabo sarebbe sopravvissuto se   fosse stato asserito  su solide piattaforme sociali, spinto  da un ampio sostegno popolare e da un movimento di gente comune. Tuttavia questo non si è  verificato.

Se devo generalizzare, nel mondo arabo c’era una componente intellettuale relativamente forte della sinistra. La sinistra intellettuale, però, a malapena riusciva a superare la divisione tra il mondo delle teorie e delle idee – che era disponibile per le classi colte –sul posto di lavoro, ai  contadini e agli uomini e donne comuni che erano sul lastrico. Senza mobilitare gli operai, i contadini e le masse oppresse, la sinistra araba aveva poco da offrire tranne che la retorica che era in gran parte priva di esperienza pratica.

Naturalmente c’erano eccezioni in ogni paese arabo.  I primi movimenti socialisti palestinesi avevano una forte presenza nei campi profughi. Erano pionieri in tutte le forme di opposizione popolare, ma questo può essere spiegato con l’unicità della situazione palestinese, in opposizione al  fatto che rifletteva  una vasta tendenza in tutta la regione.

Un’altra importante osservazione è che l’oppressione tende a unire i gruppi oppressi, indipendentemente da come apparentemente insormontabili possano essere le loro differenze ideologiche. Infatti, a causa di quella oppressione condivisa tra islam politico e sinistra radicale, c’era un grado di affinità tra attivisti di entrambi i gruppi, dato che condividevano le celle della prigione, venivano torturati e umiliati insieme.

Il punto di svolta, tuttavia, potrebbero essere presumibilmente i primi anni ’90 quando è crollata l’Unione Sovietica. Questo evento ha liberato gran parte dello spazio politico, mentre il petrolio continuava ad affluire. Molte università islamiche si sono state aperte in tutto il mondo, e migliaia di studenti della zona del Golfo e del resto del Medio Oriente ricevevano lauree con voti alti in vari campi, dalla legge islamica (sharia) islamica all’ingegneria.

L’accesso esclusivo all’istruzione è stato eliminato. Guardate Hamas a Gaza. Molti dei loro capi e dei loro membri hanno  ottime lauree in ingegneria e in medicina. E questo fatto è diventato molto comune tra tutti i sostenitori dei gruppi islamici in Palestina, in Egitto, in Marocco ecc. Quindi l’egemonia nell’educazione e nell’articolazione dei discorsi politici non era più nelle mani delle élite politiche o intellettuali. D’altra parte era nata  un’agenda politica che era fondata sugli ideali islamici.

Col tempo, i socialisti hanno affrontato scelte severe : o vivere ai margini della società (immaginate il tipico  intellettuale comunista dissidente seduto in un caffè del Cairo mentre teorizza su qualsiasi cosa) o entrare in delle ONG, in istituzioni ufficiali o semi-ufficiali per restare finanziariamente a galla o per nulla  importanti. Coloro che hanno optato per questa seconda scelta, hanno dovuto fare compromessi in misura tale che alcuni di loro sono ora portavoce proprio dei regimi che una volta combattevano.

Di conseguenza, la  spinta del potere politico di socialisti come gruppo è diminuita molto negli anni. Essendo più istituzionalizzati, sono diventati più inclusivi,  più lontani dalle masse a nome delle quali continuavano a parlare. In Egitto, a malapena si può pensare a una potente organizzazione di sinistra che vi opera. Ci sono persone di sinistra, ma non si possono certo definire  persone pronte all’azione e  influenti dell’attuale panorama politico.

Le pie illusioni da sole a mala pena faranno rivivere l’ondata socialista  nel mondo arabo. Ci sono piccoli segni che il declino presto si ribalterà, oppure che un’interpretazione locale  del socialismo – pensate al riuscito movimento bolivariano dell’America Latina – plasmerà insieme priorità nazionalistiche  e ideali socialisti  in una miscela       .

Ma, naturalmente, il Medio Oriente sta sperimentando la sua più grande insurrezione politica e influsso socialista  in cento anni. Vengono aggiunte nuove variabili su base regolare all’equazione multiforme. Mentre il presente rimane cupo, il futuro sembra

Ricco di possibilità.

Nella foto: palestnesi ricordano il primo anniversario della morte di Chavez.

Ramzy Baroud  www.ramzybaroud.net è un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di diversi libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Attualmente sta completando i suoi studi per il dottorato presso l’Università di Exeter. Il suo libro più recente è:  My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa). [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza non raccontata].

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  https://zcomm.org/znetarticle/no-arab-bolivars-as-region-implodes-arab-socialism-fizzles-out/

Originale: non indicato

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

 

 

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